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      Notizie — Mascherine FFP2

      Mascherine FFp2- Facciamo un pò di chiarezza!

      Mascherine FFp2- Facciamo un pò di chiarezza!

      Oltre il 97% delle domande presentate all’Inail per la
      validazione, secondo i requisiti di sicurezza, di
      mascherine, occhiali, visiere semimaschere, guanti e
      calzari, erano state respinte durante la prima fase. In
      poco più di un mese, dall’inizio della procedura di
      validazione, agli uffici centrali dell’Inail di Roma sono
      state esaminate ben 1.700 pratiche, di queste solo 62
      hanno superato positivamente i test. In questo elenco
      c’è un’azienda del nostro gruppo che ha ottenuto l’ok
      da parte del comitato tecnico scientifico dell’Istituto
      centrale: è la Fin Group Safety Division di Cividate Al
      Piano, che ha ottenuto anche il mese di giugno
      un’ulteriore validazione. Sembra importante, a
      distanza di pochi mesi dall’inizio dell’emergenza
      COVID 19, soprattutto per le attività lavorative, in cui
      gli utilizzatori dovranno essere dotati dei dispositivi
      di protezione individuali adeguati (mascherine di tipo
      FFP2 o FFP3), fare il punto della situazione. Infatti
      durante la fase iniziale della pandemia il mercato è
      stato invaso da centinaia di aziende che si sono
      improvvisate distributrici, proponendo prodotti che
      hanno anche stampato marchi ‘CE’ ingannevoli. Ma
      per cercare di fare un po’ di chiarezza su questi
      articoli, che per la loro natura di protezione (quella
      delle vie respiratorie), sono considerati di terza
      categoria, ovvero con gli standard più elevati,
      vediamo di fare il punto della situazione, partendo da
      prima dell’emergenza. Sul mercato c’erano
      mascherine (per lo più importate da paesi extra Ue),
      ma che seguivano tutte le procedure che ogni
      importatore deve normalmente fare, ovvero
      sottoporle a certificazione da un Ente Accreditato che
      autorizzava a stampare il proprio codice
      identificativo accanto alla marcatura CE, un codice
      questo di quattro cifre, ad esempio CE 1234, dove i
      numeri rappresentano la carta di identità dell’ente
      che le controlla annualmente. Questa procedura
      mediamente richiede almeno quattro mesi di tempo.
      Con l’emergenza Covid, dinnanzi alla necessità di
      avere immediatamente disponibili questi prodotti in
      grosse quantità, gli importatori hanno dovuto cercare
      prevalentemente sul mercato cinese, nuovi fornitori
      con prodotti non ancora certificati secondo i
      regolamenti europei sui Dpi. Per questa ragione il
      decreto legge numero 18 dello scorso 17 marzo ha
      delegato alla validazione, per i dispositivi di
      protezione individuali (mascherine FFP2, FFP3)
      l’Inail, mentre all’Istituto Superiore di Sanità per
      quelle chirurgiche come dispositivi medici. Quindi
      presso l’INAIL devono essere sottoposte a validazione

      le mascherine sprovviste del marchio CE. Attenzione
      però, che il marcatura CE senza i codici
      identificativi dell’Ente abilitato (come sopra
      precisato), costituiscono una marcatura
      fraudolenta, ed è un metodo ingannevole per far
      credere a chi le acquista che sono in regola. A tal
      riguardo viene segnalato da numerosi ispettori di
      Enti notificati, che sono in circolazione migliaia di
      certificazioni false, spesso di enti che con le
      mascherine non hanno nulla a che fare, pertanto
      in fase di acquisto è essenziale verificare
      innanzitutto se i prodotti marcati CE hanno i
      requisiti sopra elencati, ed in caso di mascherine
      sprovviste di tale marcatura che il fornitore a cui ci si
      rivolge abbia ottenuto dall’Inail la validazione, elenco
      che è direttamente consultabile sul sito www.inail.it .
      Abbiamo chiesto ad un esperto, che ci ha fornito i
      riferimenti normativi per stilare la nostra inchiesta
      cosa ne pensa della situazione di caos che si è venuta
      a creare, si tratta di Stefano Galimberti responsabile
      del settore certificazione DPI di uno dei maggiori enti
      europei: ‘Certamente importare e distribuire questi
      prodotti non può essere affidato all’improvvisazione.
      Si tratta infatti di dispositivi di protezione individuali
      che devono assicurare l’incolumità dei lavoratori, per
      rischi che possono avere conseguenze anche molto
      gravi Per questa ragione è essenziale rivolgersi ad
      aziende specializzate che sono in grado di offrire
      anche un prodotto che possa essere utilizzato in
      sicurezza. Infatti da alcune verifiche che stiamo
      facendo, emerge che alcuni prodotti spacciati come
      FFP2 non raggiungono nemmeno le prestazione
      previste per la classe FFP 1 che è quella minima
      prevista dalla norma di riferimento EN 149 ‘.